Cosa significa strada vicinale "ad uso pubblico" e " ad uso privato"?
Sulla base della disposizione di cui all’ art. 1 del d.lgt. n. 1446 del 1918, la dottrina e la giurisprudenza hanno distinto le vie agrarie o vicinali private, adibite ad esclusivo uso dei fondi latitanti e di quelli in esecuzione, dalle strade vicinali pubbliche (dette anche proprie), soggette al passaggio non solo dei proprietari di detti fondi, ma anche di chiunque altro abbia interesse ad usarle.
In particolare, la dottrina ha definito come strade vicinali in senso proprio le strade pubbliche quoad usum, che siano idonee a mettere in comunicazione tra loro tronchi di strade ordinarie, borgate centri o case rurali, sulle quali per destinazione del Comune ovvero per l’esercizio di fatto praticato ab immemorabili o per il tempo utile ad usucapire da parte della collettività, per scopi di generale interesse, si sia costituita una servitù di uso pubblico.
Il tratto caratterizzante di tale tipo di strade è costituito, dunque, dall’uso pubblico, dalla presenza, di un diritto pubblico di transito (iura in re aliena), di cui è titolare un Ente territoriale.
A tal proposito, la dottrina ha sottolineato che a creare la vicinalità di una strada non è però sufficiente il semplice uso da parte della generalità dei cittadini, ma il transito deve trovare un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico. In particolare, sia la dottrina sia la giurisprudenza hanno chiarito che tale titolo può consistere in una convenzione intervenuta tra i proprietari del suolo e la P.A., nell’usucapione, che comporta un uso da parte della collettività protrattosi per il tempo necessario. Infine, la servitù di uso pubblico può nascere anche per effetto della dicatio ad patriam, cioè un comportamento volontario del proprietario, che spontaneamente ponga od abbia in precedenza, anche da lunghissimo tempo, posto a disposizione della collettività indeterminata dei cittadini un proprio bene, consentendone agli stessi l’uso continuativo non connotato dalla mera precarietà o tolleranza. E’ necessario, cioè, che l’elemento oggettivo del perdurante passaggio sulla strada sia avvalorato dalla volontà dell’ente pubblico territoriale, cui spetta il diritto reale parziale di godimento, di riconoscere l’effettività dell’uso pubblico e di volerne profittare a proprio vantaggio.
In altri termini, l’effettività dell’uso da parte dell’ente pubblico non è rilevante come mero fatto in sé, ma in quanto l’ente abbia mostrato di riconoscere che questo si sta verificando e di volerne profittare a proprio vantaggio, realizzando in tal modo la messa a disposizione degli utenti del bene per la finalità della pubblica viabilità.
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